lunedì 12 settembre 2016

A Matilde Uratia
"Pablo Neruda".


Ignora mia molto amata, grande sofferenza
provai scrivendoti questi mal chiamati sonetti
e troppo mi dolsero e costarono, ma la
gioia di offrirteli è maggiore di una
prateria.
Proponendomelo ben sapevo che
al fianco di ognuno, per affezione elettiva
ed eleganza, i poeti di ogni tempo
disposero rime che suonarono come argenteria,
cristallo o cannonata.
Io, con molta umiltà


feci questi sonetti di legno, gli diedi il suono
di questa opaca e pura sostanza e così devono
giungere alle tue orecchie. Tu e io camminando per
boschi e arenili, per laghi perduti, per
cineree latitudine, raccogliemmo frammenti di
legno puro, di legni sottoposti al vaevieni del-
l'acqua e dell'intemperie. Da tali levigatissime
vestigia costruii con accetta, coltello, temperino,
queste legnamerie d'amore ed edificai piccole
case di quattordici tavole perché in esse vivano
i tuoi occhi che adoro e canto.
Così stabilite
le mie ragioni d'amore ti affido questa centuria:
sonetti di legno che solo s'innalzarono
perché tu gli desti la vita.




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